Con Nabucco torna il kolossal al 99° Arena di Verona Opera Festival 2022
Terzo titolo in scena, Nabucco torna nella spettacolare produzione cinematografica e risorgimentale di Arnaud Bernard, che colloca la vicenda negli anni in cui fu composta l’opera
Sul podio areniano sale il Maestro Daniel Oren, direttore appassionato e beniamino del pubblico. Con Orchestra e Coro, debutta un cast di artisti eccezionali: protagonista il baritono Amartuvshin Enkhbat, con l’Abigaille di Maria José Siri, Rosalen, Simoncini, Di Sauro, Ceriani, Bosi, Zizzo
“Va’, pensiero, sull’ale dorate…”: il coro dei cori risuonò per la prima volta all’Arena di Verona nel 1938. Da allora, amatissimo e coinvolgente, è stato eseguito in almeno 229 rappresentazioni fino ad oggi, senza contare i bis che puntualmente vengono richiesti per uno dei brani più identificativi del melodramma e dell’italianità nel mondo. Quella di sabato 25 giugno alle 21.15 sarà per Nabucodonosor (presto diventato per tutti Nabucco) la rappresentazione numero 230 nella storia del Festival nonché la terza première in pochi giorni per la 99ª stagione.
Sarà una serata unica grazie ai migliori artisti di oggi, impegnati in palcoscenico in uno degli allestimenti più apprezzati dalla critica ed applauditi dal pubblico areniano, ossia quello di Arnaud Bernard, che ha ricollocato la vicenda biblica negli anni in cui Verdi compose l’opera, in un’Italia ancora alla ricerca della propria indipendenza e identità nazionale e per la quale questo titolo è diventato immediatamente emblematico, con un ininterrotto successo dal 9 marzo 1842 ad oggi.
Uno spettacolo di ampio respiro storico e cinematografico che si rifà visivamente al grande esempio di Senso, pellicola immortale di Luchino Visconti. In questo è aiutato dall’imponente scenografia di Alessandro Camera che, fra barricate e saloni, ruota intorno ad un edificio che rievoca il Teatro alla Scala di Milano, città al centro dei moti risorgimentali del 1848.
Nel ruolo del titolo il grande baritono Amartuvshin Enkhbat, acclamato in Arena fin dai suoi esordi, fa il suo atteso ritorno sull’immenso palcoscenico sotto le stelle immediatamente dopo il grande successo personale riscosso come nuovo Rigoletto al Teatro alla Scala. Accanto a lui, il soprano uruguaiano Maria José Siri interpreta per la prima volta a Verona il difficilissimo ruolo di Abigaille, recentemente entrato nel suo repertorio. È al suo debutto areniano il basso Abramo Rosalen nei panni di Zaccaria, in questa edizione leader più politico che mai per il popolo oppresso, mentre il tenore Samuele Simoncini e il mezzosoprano Francesca Di Sauro (giovanissima all’esordio in Arena) interpretano rispettivamente Ismaele e Fenena. Nei panni del Gran Sacerdote di Belo, colui che appoggia il colpo di Stato di Abigaille, c’è il baritono Nicolò Ceriani, mentre Abdallo, fedelissimo ufficiale di Nabucco, è interpretato da Carlo Bosi. Completa il cast la giovane Anna, sorella di Zaccaria, portata in scena da Elisabetta Zizzo.
L’Orchestra della Fondazione Arena e il Coro preparato da Ulisse Trabacchin sono diretti da Daniel Oren, che torna alla guida di questo allestimento richiedente centinaia di mimi, figuranti e Tecnici, dopo averne diretto la prima assoluta nel 2017. Il Maestro Oren sarà sul podio per sette rappresentazioni, mentre la recita del 18 agosto sarà diretta da Alvise Casellati.
Il cast delle imperdibili repliche include graditi ritorni (come quelli di Sebastian Catana, Luca Salsi, Rafał Siwek, Riccardo Rados, Elena Borin) e interessanti prime volte nel millenario anfiteatro fra stelle conclamate e giovani talentuosi (Roman Burdenko, Ewa Płonka, Vasilisa Berzhanskaya, Adolfo Corrado, Giacomo Leone).
Repliche: 1, 7, 10, 23, 29 luglio, 18 agosto, 3 settembre
La messa in scena di Arnaud Bernard traspone la vicenda tra il 1848 e il 1860, periodo in cui l’Impero austriaco dominava il Regno Lombardo-Veneto. Questa regia difatti legge nel contrasto insito nella vicenda narrata nell’opera – il conflitto tra Babilonia e Gerusalemme – la storia d’Italia negli anni turbolenti del Risorgimento. Ed è questa visione profondamente risorgimentale suggerita da musica e libretto, e propria dei rivoluzionari italiani negli anni in cui Verdi componeva, che ha permesso a Nabucco di diventare nell’immaginario collettivo il titolo patriottico per eccellenza, con il suo Va’, pensiero che si eleva ad inno del riscatto nazionale. Bernard parte da questa interpretazione per rendere il dramma più storico, umano e verosimile: per esempio, nel secondo atto Nabucco non verrà colpito da un fulmine divino ma si farà allegoria dell’uomo politico vittima di un attentato da parte di rivoluzionari armati di fucile; i diversi quadri dell’opera si svolgeranno dietro le barricate, fra i reduci di ritorno dalla battaglia, dentro e fuori un teatro che ricorda la Scala, presso un bastione diroccato, nella sala di un palazzo nobiliare.
La Scala quindi compare sul palcoscenico dell’Arena: un collegamento tra Milano e Verona che ha uno straordinario valore storico per due motivi. Il Teatro milanese fu inaugurato nel 1778 ereditando nome e sede dalla chiesa di Santa Maria alla Scala (così chiamata in onore di Regina della Scala, della dinastia degli Scaligeri, Signori di Verona, e moglie di Bernabò Visconti, Signore di Milano) che fu demolita proprio per fare posto al teatro. Poi, nel ‘900, si è stabilito un tradizionale stretto rapporto tra le due Fondazioni liriche (tanti anni fa l’Arena era definita la “Scala d’estate”) che si rinnoverà in una serata speciale in occasione del 100° Festival: il gala dell’anno prossimo, che vedrà protagonisti Orchestra e Coro del Teatro alla Scala diretti dal M° Riccardo Chailly, come tutte le altre date del ricco calendario 2023, è in vendita da oggi.